13.8 C
Venezia
Lun 27 Marzo 2023

I 3000 m

                     Marmolada
1
Punta Cornates
3029
2
Gran Vernel
3210
3
Piccolo Vernel
3098
4
Punta Penia
3343
5
Punta Rocca
3309
6
Marmolada d’Ombretta
3230
7
Monte Seràuta
3069
8
Piz Seràuta
3035
9
Cima d’Ombretta Est
3011
10
Sasso Vernale
3058
11
Sasso di Valfredda
3009
12
Cima dell’Uomo
3010
Catinaccio
13
Catinaccio d’Antermoia
3002
Sassolungo
14
Campanile Nord
3130
15
Campanile Est
3120
16
Campanile Ovest
3173
17
Gran Campanile o Campanile Wesseley
3077
18
Sassolungo
3181
19
Torre Apocalisse
3158
20
Campanile di Mezzo
3136
21
Campanile Doppio
3029
22
Spallone del Sassolungo
3069
23
Punta Grohmann o Sasso Levante
3126
24
III Torre di Punta Grohman
3103
25
IV Torre di Punta Grohman
3121
26
Torre Sud di Punta Grohmann
3000
27
Punta Innerkofler o Punta Pian del Sass
3098
28
Pilastro di Punta Innerkofler
3027
29
Punta Nord di Punta Innerkofler
3060
30
Torre Dagmar di Punta Innerkofler
3050
31
Torre Astrid di Punta Innerkofler
3000
32
Torre Fantasia di Punta Innerkofler
3000
33
Dente del Sassolungo
3001
34
Torre Piramide
3100
35
Torre Rossa
3160
36
Torre del Bivacco
3150
Odle – Puez
37
Gran Furchetta
3030
38
Piccola Furchetta
3010
39
Sass Rigàis
3025
Sella
40
Piz Boè
3151
41
Piz dal Lec Dlacè
3001
42
Cresta Strenta
3124
Sasso Croce – Lavarella – Fanes
43
Cima Dieci ( Sass da les Diisc )
3026
44
Piz d’Lavarela
3055
45
Lavarela Sud Ovest
3034
46
Piz dles Cunturines
3064
47
Cunturines Nord Est
3022
Dolomiti di Braies
48
Croda Rossa d’Ampezzo
3146
49
Anticima Nord
3089
50
Crodaccia Alta Sud
3015
Dolomiti di Sesto ed Auronzo
51
Punta dei Tre Scarperi
3145
52
Punta Piccola dei Tre Scarperi
3095
53
Cima Undici Nord
3092
54
Cima Undici Sud
3068
55
Monte Popèra
3046
56
Croda dei Toni o Cima Dodici
3094
57
Croda Antonio Berti
3029
Tofane
58
Tofana di Dentro o III
3238
59
Tofana di Mezzo o II
3244
60
Tofana di Ròsez o I
3225
Cristallo
61
Cristallini d’Ampezzo
3008
62
Cristallo de Mezo
3154
63
Monte Cristallo
3221
64
Piz Popèna
3152
Sorapìss
65
Sorapiss
3205
66
La Saetta
3100
67
Fopa di Mattia
3155
68
Cima de Falkner
3053
69
Croda Marcora
3154
70
Crodes de la Caza Granda
3023
71
Sorapìss
3205
72
Tre Sorelle ( Prima )
3005
Antelào
73
Antelào
3264
74
Punta Menini
3177
75
Punta Chiggiato
3163
76
Cima Fanton
3142
77
Punta Sud
3116
78
Punta Ovest
3068
Pelmo
79
Monte Pelmo
3168
80
Spalla Sud
3061
81
Grande Spalla Est
3024
82
Ciglione Settentrionale
3020
83
Ciglione Occidentale
3056
84
Spigolo Nord/Est
3017
Civetta
85
Cima Paolina
3000
86
Cima Dei Toni
3040
87
Piccola Civetta
3207
88
Monte Civetta
3220
89
Cima di Tomè
3004
Pale di San Martino
90
Cima del Campido
3001
91
Cima del Focobòn
3054
92
Cima di Valgrande
3038
93
Cima dei Bureloni
3130
94
Le Ziròcole
3058
95
Campanile di Val Strut
3049
96
Cima della Vezzana
3192
97
Cimòn della Pala
3184
98
Cimòn della Pala Nord Ovest
3129
99
Il Nuvolo
3075
Dolomiti di Brenta
100
Cima Bassa d’Ambièz
3017
101
Cima d’Ambièz
3102
102
Cima Garbari
3018
103
Cima Tosa
3173
104
Crozzon di Brenta
3135
105
Torre di Brenta
3014
106
Spallone dei Massodi
3004
107
Cima Brenta
3150
108
Cima Brenta Ovest
3124
109
Cima Brenta Est
3110
110
Cima Mandron
3040
111
Torre Kiene XV
3030
112
Torre Kiene XIII
3026

Calendario

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15 °

IMBRAGATURA  

L’imbrago o imbragatura è un elemento basilare per la sicurezza nell’arrampicata moderna.
Si tratta di un indumento costituito da larghe cinture di stoffa (collegate tra loro) che, cingendo ai fianchi e alle cosce chi la indossa, ne permette l’assicurazione alla corda e lo svolgimento di tutte le manovre di sicurezza. Le imbragature devono rispettare gli standard europei di sicurezza previsti dalle specifiche norme EN 12277. Tutti i modelli prodotti e venduti nella Comunità Europea vengono di conseguenza testati “ad hoc” per garantire resistenza, comfort e funzionalità dell’articolo.
Alcune ditte produttrici di imbragature per alpinismo sono: Camp, Petzl, Grivel, Kong e molte altre marche ancora.  Imbragatura per alpinismo
L’imbragatura viene utilizzata per collegare l’arrampicatore alla corda, proteggendelo quindi (indirettamente) in caso di caduta. E’ infatti la corda che assorbe e trattiene la caduta, mentre l’imbagatura ha l’importante scopo di distribuire in modo uniforme, e in zone del corpo non critiche, lo strappo derivente dalla forza d’arresto. Tale strappo – secondo le attuali normative – deve essere trasmesso al corpo dell’arrampicatore tramite un punto di applicazione posto superiormente al suo baricentro; le norme prevedono altresì che non debba essere possibile, in nessun caso, lo sfilamento del corpo di chi cade. Nell’arrampicata moderna si è consolidato l’utilizzo di imbragature cosiddette “basse” (per distinguerle dalle imbragature in voga fino agli anni Ottanta, dotate di fasce che cingevano anche la parte alta – spalle e sterno – dell’arrampicatore). Tali moderne imbragature sono inoltre caratterizzate da una fettuccia ad anello, detta “anello di servizio”, che congiunge la cintura con i cosciali e che viene utilizzata in molte manovre di sicurezza.

All’interno di due passanti dell’imbragatura (gli stessi in cui è posto l’anello di servizio) si infila la corda d’arrampicata, che viene poi annodata con un nodo delle guide con frizione (o nodo a otto ripassato)

L’imbragatura è munita altresì di portamateriali, utili per “appendervi” moschettoni, rinvii e quant’altro sia necessario utilizzare per la progressione in parete.

Imbragature “complete”, ossia fornite di protezione avvolgente delle spalle, vengono ancora utilizzate in alcuni ambiti dell’alpinismo, come per esempio sulle vie ferrate, o in particolari frangenti (calate in corda doppia in cui l’alpinista debba sostenere sulle spalle uno zaino molto pesante).

Esistono infine anche imbragature cosiddette “combinate”, costituite da una parte bassa (la moderna imbragatura costituita da cintura e cosciali) a cui viene abbinata una parte alta, detta anche “pettorale” (costituita da bretelle di fettucce che cingono le spalle dell’arrampicatore e che vengono chiuse, con l’ausilio di un cordino o di una maglia rapida, all’altezza dello sterno). Le due imbragature vengono poi collegate tra loro tramite la corda di cordata.

CASCHETTO

Il caschetto è un sistema di protezione della testa utilizzato in alpinismo. Solitamente è costituito da un involucro esterno di plastica leggera e morbida (serve solo come “contenitore”, e non costituisce da sé una protezione), un’anima di polistirolo che costituisce la protezione vera e propria, vari spessori di gommapiuma per rendere il caschetto più comodo in testa all’alpinista, ed un sistema di chiusura a sottogola. Alcuni modelli hanno il guscio esterno in fibra di vetro o fibra di carbonio

PIASTRINA “GI GI”

E’ una piastrina per l’assicurazione con molteplici usi, chiamata Gi-Gi.
Assicurazione di un secondo di cordata.
Inserimento di una sola corda di diametro uguale o superiore a 10 mm nella Gi-Gi per l’assicurazione al secondo di cordata.
Attenzione! Il connettore (sempre con ghiera) deve essere posizionato contro la costolatura. Verificare che tirando la corda che va al secondo il dispositivo blocchi.

TUBER o SECCHIELLO e DISCENSORI

Il Tuber o conosciuto anche come secchiello è un freno che serve ad assicurare il primo al secondo ha un cavetto di acciaio che ha la funzione di aggancio all’imbrago nel periodo in cui non viene usato e durante l’assicurazione impedisce che il secchiello si allontani troppo dall’assicuratore che lo ha legato così all’imbrago. l secchiello viene anche utilizzato come discensore per le discese in corda doppia. Da utilizzare moschettone con ghiera.

Principio di funzionamento
Il discensore sfrutta l’attrito che si crea tra il corpo dello strumento (generalmente metallico) e la corda per dissipare l’energia cinetica che il corpo dell’utilizzatore acquisterebbe in discesa libera[1]. Questo fa sì che una piccola tensione esercitata dalla mano che trattiene il tratto di corda a valle del discensore permetta di variare sensibilmente l’attrito tra corda e discensore, trasferendo la maggior parte del peso sull’imbragatura e non sulla mano stessa.

L’energia viene dissipata sotto forma di calore; ne consegue un forte riscaldamento del discensore, con potenziali effetti collaterali.

Discensore Pierre Allain, 1943

Storia
In passato, la discesa in corda doppia veniva effettuata con tecniche che non prevedevano l’utilizzo di discensore: la corda veniva avvolta attorno al corpo della persona, che provvedeva a dissipare l’energia. Con l’introduzione dell’imbragatura, iniziarono a comparire artifizi volti a migliorare questa configurazione. Un primo artifizio molto rudimentale fu l’utilizzo di un moschettone agganciato all’imbragatura, mantenendo l’utilizzo del corpo come dissipatore principale. Un successivo miglioramento fu la catena di moschettoni, che utilizzava appunto una serie di moschettoni per costringere la corda ad un percorso obbligato contro superfici metalliche.

Il primo discensore moderno fu inventato nel 1943 da Pierre Allain, ma non ebbe grande successo e non fu utilizzato fino agli anni ’60 del XX secolo.

Da allora, il discensore si è evoluto e specializzato a seconda del tipo di utilizzo.

Tipi di discensore
I tipi di discensore in commercio sono molteplici. Alcuni sono adatti anche come sistemi per assicurare il primo di cordata, mentre altri sono quasi esclusivamente adatti alla sola discesa su corda. Quando utilizzati per assicurazione, sono metodi di assicurazione dinamica, ovvero non bloccano la corda in caso di caduta ma agiscono da riduttori di forza, e solo un’azione dell’assicuratore può fermare lo scorrere della corda e quindi la caduta.

Discensore a secchiello
Il discensore a secchiello o tuber è un discensore per alpinismo ed arrampicata, utilizzabile anche per assicurazione. Consiste in una struttura metallica con due fessure, in cui si infila la corda; negli anelli di corda così creati si infila un moschettone, che va poi fissato all’imbragatura. L’attrito si genera grazie all’azione combinata del corpo del discensore e del moschettone.

Il discensore ad “otto” deriva dal primo discensore Pierre Allain. Caratterizzato dalla forma simile al numero “otto”, è fabbricato in acciaio anodizzato o in lega di alluminio.

Si utilizza con una tecnica molto simile a quella del secchiello. L’anello piccolo viene infilato all’imbragatura. Un’ansa di corda viene fatta passare dentro all’anello più grosso ed avvolta intorno al “gambo” del discensore; l’attrito si genera per sfregamento di quest’ansa.

Ha i vantaggi di essere molto economico e facile da utilizzare; per contro, ha il difetto di torcere molto la corda.

Utilizzato come discensore è poco sicuro, in quanto non autobloccante, a meno che non sia utilizzato insieme ad altri sistemi di sicurezza, come ad esempio un prusik.

Schema di funzionamento di un discensore a pulegge fisse

Discensore a pulegge fisse
Il discensore a pulegge fisse è utilizzato principalmente in speleologia. Nella sua forma più comune (prodotti commerciali Kong e Petzl) permette la discesa su corda singola. È costituito da due pulegge fisse imbullonate su una piastra metallica; una seconda piastra metallica mobile è imperniata sull’asse della puleggia fissa più interna, ed è dotata di un clicchetto che ne permette l’aggancio ad un moschettone[1]. Grazie a questo meccanismo non è necessario togliere il discensore dall’imbragatura per togliere e mettere la corda. Questa viene fatta passare nel discensore con un percorso a “S”; l’attrito si genera sulle due pulegge. È difficilmente utilizzabile per assicurazione.

Discensore autobloccante
È una variante del discensore a pulegge fisse, al quale viene aggiunta una leva mobile che in posizione di riposo strozza la corda, bloccando la discesa. La velocità di discesa viene regolata variando la pressione sulla leva. È utilizzato in speleologia, e non è adatto per assicurazione.

Discensore a barrette
Il discensore a barrette deriva dalla catena di moschettoni, dalla quale riprende il principio di funzionamento. Si tratta di una struttura metallica ad “U” sulla quale sono fissate 4 o 5 barrette metalliche, alcune delle quali possono essere sbloccate ad un estremo per far passare la corda, che viene così forzata ad un percorso “avanti/indietro” tra le barrette. Utilizzato principalmente in speleologia, è poco adatto per assicurazione.

Precauzioni
I discensori sono fatti di metallo, quindi l’attrito che questi hanno dallo scorrimento della corda può far aumentare la temperatura, anche di molti gradi se la discesa è stata eseguita a grande velocità e per una lunga distanza. Per questo motivo è raccomandato, oltre a calarsi lentamente (laddove non sia strettamente necessario arrivare a terra nel più breve tempo possibile), di togliere velocemente il discensore dal contatto con la corda, per evitare che il calore sviluppato dall’attrito rovini il rivestimento della corda, riducendo quest’ultima a sfibrarsi lentamente e con il passare del tempo e delle calate. Una volta tolto il discensore si possono togliere con calma anche gli altri componenti.

BLOCCANTI

In passato, alpinisti e speleologi utilizzavano, per assicurarsi alle corde, dei nodi autobloccanti: si trattava di cordini avvolti intorno alla corda con appositi accorgimenti, in modo che potessero scorrere liberamente quando scarichi, ma “strozzassero” la corda, bloccandocisi sopra, quando sottoposti ad un carico, come ad esempio il nodo prusik ed il nodo machard.

Nel 1958 la Ditta svizzera Jumar mise sul mercato il primo dispositivo autobloccante. Questo bloccante ebbe un tale successo che il termine jumar è spesso utilizzato come sinonimo di bloccante

Successivamente, altre ditte misero sul mercato bloccanti basati sullo stesso principio, e con gusci di forma e dimensione diversa a seconda delle necessità di utilizzo; tra le ditte che producono oggi questo tipo di bloccanti, oltre alla stessa Jumar, ricordiamo Petzl e Kong.

Funzionamento
Il bloccante è costituito da una struttura metallica con un eccentrico imperniato ad un’estremità. Si sposta l’eccentrico dalla sua sede, si posiziona la corda tra l’eccentrico ed il guscio della struttura, e si rimette l’eccentrico al suo posto. L’eccentrico è conformato in modo da lasciar scorrere la corda quando il bloccante si muove in un senso, ed a bloccarla quando si muove nell’altro. Per evitare lo scivolamento della corda sull’eccentrico, quest’ultimo è dotato di piccole sporgenze che aumentano l’attrito con la corda.

I bloccanti specifici per utilizzo speleologico hanno spesso delle scanalature sull’eccentrico per permettere di eliminare il fango che si accumula sulle corde.

Salvo rare eccezioni, i bloccanti sono studiati per lavorare su corda singola.

Utilizzi

Alpinismo ed arrampicata
I bloccanti in alpinismo vengono utilizzati per aiutare la progressione su corde fisse, oppure per permettere la risalita su corda o al secondo di cordata, o all’arrampicatore che sia sceso dall’alto per ispezionare una parete. Si utilizzano di solito dei bloccanti tipo “maniglia”, singoli per assistenza su risalita su pendio, a coppie per risalita su sola corda.

Vi sono bloccanti studiati per poter essere utilizzati in sostituzione dei nodi autobloccanti quando si effettua una discesa in corda doppia; ne è un esempio il modello Shunt della Petzl, utilizzabile appunto su corda doppia.

MOSCHETTONI

Il moschettone è un anello di metallo incompleto per permettere l’apertura e la chiusura dello stesso. Di forme diverse, presenta un lato apribile che può essere fermato da una ghiera, può essere di acciaio oppure leghe leggere. Viene usato laddove c’è necessità di unire due elementi in maniera rapida sicura e riutilizzabile, per questo è usato spesso per sport quali alpinismo, parapendio, speleologia, arrampicata sportiva.

RINVIO

Il cosiddetto rinvio è uno strumento di sicurezza, utilizzato in alpinismo e in arrampicata, composto da due moschettoni tra loro collegati da una fettuccia di dyneema o nylon. Permette di agganciare rapidamente la propria corda ad un punto di ancoraggio limitando l’attrito della corda tra i vari ancoraggi posti durante la salita. In pratica, il primo di cordata, durante la propria ascensione, utilizza un rinvio per ciascun ancoraggio: a questo egli aggancia uno dei due moschettoni, mentre nell’altro moschettone viene successivamente passata la corda di salita (cui egli stesso è legato). Ciascun elemento che compone il rinvio (moschettoni e fettuccia) deve essere certificato CE e rispondere alle relative norme EN. La normativa attuale (fine 2008) non prevede invece una certificazione del rinvio nel suo insieme, ossia come elemento “unitario”.

Storia, tradizione e dialetti d’Italia hanno fatto sì che, nel tempo, per il rinvio siano invalsi nomi e nomignoli tra i più disparati. Alpinisti e arrampicatori di regioni differenti possono per esempio conoscerlo come “preparato”, “sveltina”, “express” etc.

I vantaggi dell’uso dei rinvii sono:

evitare che la corda si sposti eccessivamente dalla linea ideale di salita, assumendo un andamento a zig-zag fra un ancoraggio e l’altro (la qual cosa incrementerebbe le difficoltà del primo di cordata: la corda, infatti, sarebbe oggetto di forti attriti dettati dall’angolazione degli ancoraggi) ;
evitare che le vibrazioni della corda possano muovere o far fuoriuscire i chiodi, i friend, i nut e altri ancoraggi, specie se sistemati in punti particolarmente delicati o su roccia friabile;
assicurare che la corda, in caso di caduta, scorra più facilmente lungo i punti di assicurazione: un forte attrito, difatti, tenderebbe a vanificare l’effetto elastico tipico delle moderne corde dinamiche in nylon;
aumentare la distanza tra la corda e la roccia, diminuendo il rischio che la corda s’impigli o, peggio ancora, si lesioni per abrasione o taglio;
riuscire a sfruttare in maniera ottimale la lunghezza della corda evitando gli “sprechi” dovuti a un andamento “zigzagante” del percorso.

CHIODI DA ROCCIA

I chiodi da roccia sono degli ancoraggi artificiali utilizzati dagli alpinisti allo scopo di proteggersi in caso di caduta o sosta, per fissare la corda per le calate o per la progressione in arrampicata artificiale. La loro forma consente di essere battuti a forza con il martello in fessure o buchi naturali della roccia e lasciando all’esterno un occhiello per potervi inserire un moschettone o un cordino. I chiodi da roccia sono costruiti in diverse forme e materiali per adattarsi al tipo di roccia e di fessura. Rispetto alla posizione dell’anello si distinguono chiodi orizzontali, verticali e universali. Nei chiodi orizzontali l’occhiello è ruotato di 90 gradi rispetto alla lama, in quelli verticali è posto sullo stesso piano ed infine in quelli universali l’occhiello è inclinato di 45 gradi. L’efficienza di un chiodo dipende anche dalla capacità di torsione della lama quando posta sotto carico; questo contribuisce ad aumentare l’attrito tra la lama e la fessura diminuendo il pericolo di fuoriuscita. Per questo motivo è preferibile utilizzare i chiodi orizzontali nelle fessure verticali e viceversa. Il chiodo universale è adatto ad entrambe le situazioni. I chiodi da roccia inoltre si classificano per lunghezza e vengono distinti in due classi: da progressione (fino a 9 cm) e da sosta (oltre i 9 cm).

I chiodi da roccia sono costruiti in acciaio dolce (deformabili) o in acciaio speciale (molto meno deformabili). I primi sono utilizzati in rocce “tenere” come le rocce calcaree o la dolomia e la loro tenuta è dovuta alla pressione generata dalla deformazione del chiodo entro alla fessura. In questo caso l’impiego di chiodi in acciaio speciale tenderebbe a rompere la roccia a scapito della tenuta. I chiodi in acciaio speciale sono utilizzati in rocce “dure” come il granito e lo gneiss. Questi chiodi hanno il vantaggio di deteriorarsi molto meno dei precedenti e di poter essere riutilizzati un maggior numero di volte. In caso di salite in montagna (solitamente lunghe) il chiodo è recuperato dal secondo di cordata e nuovamente utilizzato per la salita dal primo di cordata.

FRIEND

Con il nome di friend sono popolarmente conosciuti, nell’ambiente alpinistico, particolari attrezzi meccanici a camme mobili che possono venire impiegati sia come ancoraggio provvisorio, durante la progressione della cordata, sia come elementi costitutivi dell’ancoraggio di sosta. L’impiego del friend è esclusivo dell’arrampicata su roccia, dal momento che, per svolgere la propria funzione, esso deve incastrarsi in una fessura (è pressoché impossibile utilizzarlo su ghiaccio).

Funzionamento Inventato da Ray Jardine nella seconda metà degli Anni settanta, l’attrezzo è caratterizzato da alcune camme la cui geometria è variabile per mezzo di tiranti e molle. Riducendo infatti l’ingombro delle camme, diventa possibile inserire il friend dentro fessure nelle quali non sarebbe altrimenti potuto entrare. Una volta inserito nella fessura, occorre rilasciare i tiranti e far entrare in azione la molla che “richiama” le camme verso la loro posizione naturale. Le camme vanno così ad aderire alle pareti della fessura e l’effetto prodotto dal sistema, grazie alla studiata geometria dell’attrezzo, è tale che più il friend viene sollecitato per la fuoriuscita, più le camme tendono ad aprirsi e, di conseguenza, a fare forza contro le pareti della fessura.
Di norma, i friend utilizzati durante la progressione vengono agganciati con un cosiddetto rinvio (coppia di moschettoni collegata da una fettuccia) nel quale viene fatta poi passare la corda (o le corde) cui è legato l’alpinista che sale.
I friend possono essere di diverse misure, differenziandosi tra loro soprattutto per le dimensioni delle camme (che possono andare da sezioni di pochi millimetri fino a 50 centimetri circa). Non esiste però un accordo, tra le case produttrici di tali attrezzi, per una comune numerazione o gradazione delle dimensioni dei friend. Tutto ciò a discapito del pubblico acquirente, a cui mancano le necessarie minime informazioni per una corretta comparazione degli attrezzi.
Il friend è un attrezzo relativamente moderno e mediamente molto costoso. Storicamente, i friend più conosciuti nell’ambiente alpinistico sono quelli della serie Camalot™ dell’azienda americana Black Diamond. Tanto che la parola “camalot” viene spesso utilizzata, anche se impropriamente, quale sinonimo per riferirsi a un qualsiasi friend.
Il corretto utilizzo di un friend richiede perizia, esperienza e molta, molta pratica. Le condizioni in cui l’attrezzo può lavorare in modo poco affidabile, infatti, sono davvero molte: camme che non aderiscono perfettamente alla fessura; fessura svasata o non adatta; roccia friabile; angolazione dell’attrezzo errata; suo eccessivo inserimento all’interno della fessura; suo scarso inserimento nella fessura; scelta di una misura non adatta alla fessura etc.

NUT o DADI

I nuts (o dadi) sono blocchetti di metallo di varie forme e dimensioni, che vengono utilizzati come mezzi di assicurazione e/o progressione durante l’ascensione di una parete di roccia.

Possono essere muniti di cavetto metallico o di un anello di cordino, entrambi di adeguato carico di rottura.

Rispetto ai chiodi, sono di utilizzo più rapido e vengono rimossi più facilmente dal secondo di cordata; non richiedono l’uso del martello in quanto vengono semplicemente incastrati in fessure/buchi e sono più rispettosi dell’integrità della parete ascesa. Il loro posizionamento deve essere attentamente valutato per impedire lo sfilarsi del nut dalla cavità utilizzata. A questo scopo, spesso può rivelarsi utile un secondo nut, anche di minima tenuta, ma contrapposto e che mantenga in trazione il primo per mantenerlo fisso in posizione corretta.

I più usati sono in lega leggera, di forma tronco conica, regolare o spesso lievemente asimmetrica, per rafforzare la tenuta alla trazione, e allo sfilarsi dalla parete, con una componente di rotazione, durante un eventuale strappo.

I nuts furono introdotti dagli alpinisti americani negli anni sessanta che li utilizzavano nelle fessure regolari del granito delle Montagne Rocciose. Infatti l’ utilizzo ottimale dei nuts sono appunto le fessure profonde e regolari. Devono il loro nome di dadi alle prime forme artigianali realizzate per l’appunto passando un cordino all’interno dei dadi normalmente utilizzati per bloccare le traversine dei binari ferroviari.

STAFFE

Le staffe da alpinismo sono particolari attrezzi, di lunghezza e foggia variabile, che servono ad aiutare l’alpinista nel superamento di tratti di roccia altrimenti impossibili o estremamente difficili da passare (magari perché molto esposti, lisci o strapiombanti). Molto in voga nel periodo dell’alpinismo classico (dagli anni Cinquanta agli anni Settanta), quando il concetto di “arrampicata libera” (o di alpinismo “by fair means”, con mezzi leali, come voleva la tradizione anglosassone) sulle Alpi non aveva ancora preso il sopravvento, le staffe possono essere considerate uno dei simboli dell’arrampicata artificiale.

Struttura
La staffa può essere assimilata a una piccola scala a pioli ed è in genere costruita con materiali leggeri e malleabili (cordini o fettucce in nylon per lo “scheletro” e piccole barre di legno o di alluminio per i pioli). In molti casi, tuttavia la staffa può essere costituita anche da solo nylon, attraverso una serie di anelli e di fettucce che, cucite tra loro ad anelli, formano i vari pioli. Alla sommità della staffa è solitamente posto un piccolo anello di cordino che serve a collegare la staffa stessa ad un moschettone.

Utilizzo
Le staffe vengono solitamente utilizzate in coppia (una per piede) e consentono, una volta che siano state agganciate a protezioni infisse nella parete o ad attrezzi di varia natura (chiodi, spit, skyhook), di dare stabilità all’alpinista che può mettersi in equilibrio su una di esse, o anche su entrambe, e utilizzare liberamente le mani. La serie di pioli (o anelli di fettuccia) permette poi all’alpinista di innalzarsi poco alla volta per cercare di raggiungere una protezione successiva nella quale verrà infine passata, ancora una volta, la staffa successiva.

Durante la scalata, quando non utilizzate, esse vengono solitamente portate ben ripiegate (attaccate all’imbragatura), in modo che non creino intralcio al movimento. Sono poi “sciolte” solo nel momento del loro effettivo utilizzo.

PICOZZE

La piccozza è un attrezzo alpinistico utilizzato per la progressione e l’ assicurazione su neve o ghiaccio. Consiste di un manico alla cui estremità inferiore è posta una punta ed all’ estremità superiore una lama composta da una becca e da una paletta. La piccozza può essere considerata l’ evoluzione del bastone da montagna (noto anche come alpenstock o bastone ferrato perché presenta una punta nell’ estremità inferiore) da una parte e dell’ ascia dall’ altra. Infatti le guide che accompagnavano i primi alpinisti agli inizi dell’ ‘800 per poter superare ripidi pendii di neve dura o ghiaccio utilizzavano delle normali ascie per scavare delle tacche (gradini) ove poter appoggiare i piedi con relativa sicurezza. Ben presto comunque il manico dell’ ascia si allunga e si dota di una punta per poter surrogare il bastone ferrato e la lama si specializza dividendosi in una becca, adatta ad essere piantata nel pendio di ghiaccio per rendere più sicura la progressione ed una paletta utilizzata per scavare i gradini. Assieme alla corda è una delle icone classiche dell’ alpinismo; lo stemma del Club Alpino Italiano mostra una corda, una piccozza e un binocolo.

Una piccozza fu usata per l’ assassinio di Leon Trotsky e più recentemente di (EN) Antony Walker , giovane inglese vittima di una violenza razziale a Liverpool nel luglio del 2005

RAMPONI

I ramponi sono oggetti appartenenti all’equipaggiamento alpinistico utilizzati per la progressione su ghiaccio o neve ghiacciata.

Sono costituiti da punte metalliche che vengono agganciate agli scarponi attraverso un sistema di cinghie e di fibbie. I ramponi moderni, detti ramponi ad attacco rapido, sono dotati, nella parte anteriore, di un segmento in acciaio predisposto ad essere inserito in un apposito incavo presente sugli scarponi da ghiaccio e dispongono di un meccanismo a scatto che ne consente il fissaggio rapido allo scarpone.

Scarponi ramponati con il metodo classico le punte compaiono in numero variabile nei diversi modelli e determinano l’uso del rampone.
I ramponi a 8 o a 10 punte si usano per marciare sulla neve compatta, quelli a 12 punte o più si usano per la progressione su ghiacciaio e per scalare.

Al di sotto delle 8 punte non si parla più di ramponi quanto di grappette, un ausilio per la progressione molto antico, tradizionalmente utilizzato dalle popolazioni delle zone montane per spostarsi nei mesi invernali. Le grappette sono costituite da 4 o 6 punte metalliche che vengono agganciate in corrispondenza del tacco e della pianta dello scarpone (mai della punta).

Ramponi e tecnica di ascensione
I vecchi ramponi erano molto simili a grappette con un numero elevato di punte, poiché mancavano di quelle anteriori o queste erano solo abbozzate. La progressione risentiva pesantemente di questa limitazione, sicché non era possibile procedere oltre una certa pendenza. Man mano che il pendio si inclinava la tecnica consisteva nella divaricazione progressiva dei piedi con torsione delle caviglie (“piedi a piatto” o “a papera”) ma naturalmente oltre un certo limite non era possibile piegare le caviglie. L’alpinista iniziava, quindi, a salire in diagonale appoggiandosi alla piccozza (tecnica classica).

Con l’introduzione delle punte anteriori divenne possibile posizionare i piedi perpedincolarmente al pendio, progredendo rapidamente con due piccozze (piolet traction). La moderna tecnica di scalata delle cascate di ghiaccio si basa proprio su questo principio.

Un effetto noto, molto pericoloso, che può verificarsi usando i ramponi, consiste nella creazione di uno zoccolo di neve compatta che può formarsi dentro il rampone quando si procede nella neve molle o crostosa; a causa di questo fenomeno si può perdere improvvisamente l’appoggio su un piede, con rischio di caduta.

Una nota a parte merita l’uso delle grappette su terreno non ghiacciato. In alcune zone montuose, dove i pendii erbosi sono molto ripidi e scoscesi (come le Alpi dell’Algovia, in Baviera), taluni escursionisti preferiscono ricorrere all’uso delle grappette su prato, per evitare di scivolare sull’erba.

Manutenzione
I ramponi devono avere sempre le punte affilate, per poter penetrare saldamente nelle superfici ghiacciate. Le punte si affilano con una lima, operando sempre sulle superfici laterali e mai su quelle frontali, per evitare di assottigliarne lo spessore rendendole fragili.

Dopo un’escursione i ramponi vanno asciugati con cura e protetti con un sottile strato di olio.

A.R.VA, PALA E SONDA

Per chi pratica Alpinismo, Scialpinismo, trekking con le Ciaspe è un set indispensabile, in caso di valanga i compagni sono i primi a portare il primo soccorso con la ricerca grazie a questi strumenti. A.R.VA. significa Apparecchio di Ricerca in Valanga, si tratta di un apparecchio elettronico rice-trasmettitore che funziona alla frequenza di 457kHz esiste analogico, digitale e analogico – digitale ad una, due o tre antenne.
Viene indossato sotto gli indumenti prima di partire con la nostra escursione dopo aver fatto il test di ricezione e trasmissione con i nostri compagni, una volta verificato che tutto sia ok, partiamo con tutti gli A.R.VA in modalità trasmissione.
In caso di Valanga grazie a questo apparecchio, la persona travolta può essere localizzata dai compagni dopo averlo commutato in ricezione, dobbiamo tener conto che le probabilità di trovare una persona in vita si abbassano notevolmente dopo i 15 minuti.
Dopo la localizzazione si usa la sonda per capire a che profondità si trova la persona e la pala per scavare. Per l’utilizzo di questi strumenti consiglio vivamente di frequentare un corso organizzato dalla Sezione CAI e fare molta pratica.

ZAINO

Lo zaino va scelto in base al tipo di attività e esigenza,  ne esistono di svariate marche e capacità.

  • trekking
  • alpinismo
  • arrampicata

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