I 4000 m
Come dicevamo prima è preferibile vestirsi a “cipolla” cioè a strati, per garantire una temperatura corporea costante ed avere una buona traspirazione per non sudare; il nostro corpo umano gestisce questo scambio di calore essenzialmente grazie all’apparato circolatorio periferico e attraverso l’evaporazione con il sudore. Per evitare inutili sudate o congelate occorre avere dei capi tecnici e specifici, in commercio esistono molte marche, tutte di ottima qualità che mantengono caldi e fanno traspirare io consiglio di prendere una taglia aderente per facilitare questo processo. Esistono tessuti con fibre naturali come il cotone, la lana, la seta sono tutte ottime per la temperatura e per l’assorbimento del sudore il contro è che fanno fatica ad asciugarsi e la sensazione del bagnato non è molto piacevole (sopratutto nel periodo invernale). In questi anni ha preso piede l’abbigliamento composto da tessuti sintetici, sono migliorati di molto anche nella traspirazione grazie alla struttura del tessuto (ad esempio i pile e micropile).
Importanti sono anche le giacche e i pantaloni, sono prodotti in svariati materiali quali la cordura, il gore-tex ……. sono resistenti alle abrasioni, mantengono la temperatura, sono antivento e molto altro ancora è importante però che una volta indossati permettano di muoversi bene e non farci soffrire.
I guanti servono innanzitutto per riparare dal freddo eventuali abrasioni, ne esistono di più o meno pesanti fatti a manopola e pollice, a manopola apribile e i classici con le 5 dita.
Da non dimenticare il cappello o passamontagna che ti salva le orecchie quando tira vento, occorrono anche degli occhiali da sole con delle buone lenti scure per riparare gli occhi dal riflesso della neve (compresa la crema solare).
Passiamo infine agli scarponi, per questo tipo di attività occorre valutare bene la scelta che a parte i colori e la marca devono essere innanzitutto comodi, robusti adatti al misto: roccia – neve – ghiaccio, con possibilità di indossare inoltre i ramponi semplici, semiautomatici o automatici e le ghette che servono per evitare che entri neve negli scarponi e nei pantaloni.
abbigliamento
L’attrezzatura che viene utilizzata nell’Alpinismo d’alta quota è molto ricca, anche se tante cose vengono utilizzate in arrampicata (vedi sezione dedicata al Materiale per arrampicate).
innanzitutto partiamo dalla corda fondamentale per la sicurezza dell’Alpinista,
Corda, Cordini, Fettucce

Corde Cordini Fettucce
La corda è senza dubbio il materiale più importante per qualsiasi alpinista. Essa può essere considerata come una sorta di paracadute ed è l’elemento fondamentale di tutta la catena di assicurazione.
Nella storia dell’alpinismo si ricordano le prime corde interamente in canapa che, seppur analoghe nello scopo, avevano caratteristiche completamente diverse da quelle cosiddette moderne i cui materiali e caratteristiche tecnologiche e costruttive sono peraltro in continua evoluzione.
Le corde in fibra poliammidica (tipo nylon 6, nylon 6,6, perlon,…) hanno una struttura centrale detta anima e una guaina detta camicia o calza. Il componente fondamentale è il monofilamento sintetico. Attorcigliando più monofilamenti vengono ottenuti i cosiddetti stoppini che vengono intrecciati per ottenere la calza. Attorcigliando gli stoppini si ottengono i trefoli che attorcigliati a loro volta formano l’anima della corda. Secondo le norme vigenti l’anima della corda deve costituire almeno il 50% della massa totale.
Le principali caratteristiche che una corda deve possedere (anche per poter soddisfare le norme vigenti e gli standard di sicurezza) sono:
una resistenza alla rottura per un certo numero di cadute al limite delle caratteristiche per cui la corda stessa è certificata; una certa deformabilità dinamica in grado di ridurre la forza d’arresto massima che in caso di caduta si ripercuote sul corpo dell’alpinista e sugli ancoraggi;
una notevole manegevolezza anche nelle peggiori condizioni ambientali (ghiaccio, neve, acqua,…); elevata scorrevolezza nei moschettoni; buona annodabilità.
Le corde vengono classificate secondo molteplici parametri: tipo, peso, diametro, caratteristiche tecnologiche (ad es.: corde superdry ad asciugamento ultrarapido). Inoltre tutte le corde per l’alpinismo devono rispondere a requisiti minimi dettati dalle norme EN 892 per poter essere omologate e vendute.
Le corde vengono quindi distinte secondo la normativa EN 892 in:
Corde semplici, dette anche intere Mezze corde che in generale, non andrebbero usate singolarmente non potendo ritenersi – con un tale utilizzo – del tutto sicure (meglio utilizzarne due accoppiate)
Corde gemellari vendute esclusivamente in coppia e testate (sempre in coppia) nelle stesse condizioni della corda semplice, vanno sempre utilizzate insieme (accoppiate)
In generale si può dire che una corda tipica per l’alpinismo ha un peso usualmente compreso nell’intervallo 70-85 g per metro lineare per le corde semplici e 45-55 g/m per le mezze corde e una lunghezza di 50 o 60 metri (lunghezza tipica dei tiri in una via alpinistica). Sebbene il diametro sia sempre ben evidenziato (anche commercialmente) e nonostante fosse un tempo il parametro di riferimento per la distinzione delle mezze corde attualmente l’unico tratto caratterizzante a livello normativo è la forza d’arresto massima.
Le corde per uso alpinistico sono identificate mediante:
un cartellino descrittivo che deve sempre essere fornito a corredo della corda e indicante tipo, diametro, lunghezza, peso per metro, forza di arresto massima, numero di cadute massime sopportabili, scorrimento della guaina, allungamento statico e informazioni supplementari relative a vita media del prodotto, condizioni di manutenzione, stoccaggio, pulizia… tramite una fascetta applicata ad entrambe le estremità riportante:
il riferimento EN 892
nome e/o marchio del produttore
marchio CE
Tipo di corda (semplice, mezza, gemellare)
Il marchio UIAA se la corda soddisfa le norme UIAA (opzionale)
N.B. Oggi si possono trovare sul mercato anche corde che, soddisfacendo tutti i diversi requisiti richiesti dalle normative, sono contemporaneamente classificate – per tipologia – sia come corde intere, sia come mezze (sia come gemellari). Nel qual caso, la fascetta riporta tutte le tipologie per le quali la corda è stata omologata.
Il cordino è una corda di diametro ridotto (comunemente compreso tra 4 e 8 mm) utilizzata per specifiche operazioni.
Sono fabbricati di solito in kevlar ed hanno diametri diversi in funzione del carico da sopportare. Solitamente sono venduti al metro.
CORDINI
Utilizzo
I cordini vengono usati in alpinismo per la costruzione di soste, allungamento di punti di ancoraggio, e per manovre di sicurezza (nodi autobloccanti, quali Prusik e Machard).
Molto spesso i cordini vengono legati per formare un anello. Per fare ciò, si utilizzano in pratica solo due nodi:
nodo doppio inglese
asola ripassata
In entrambi i casi, i capi che escono dal nodo devono essere lunghi almeno 5 cm, ed il nodo deve essere ben fatto e serrato correttamente: infatti, la giunzione sul nodo è la parte più debole del cordino.
Mentre si sta arrampicando i cordini si trasportano solitamente a tracolla, facendo passare un braccio all’interno del cordino, tenendo l’altro invece libero (come gli zaini monospalla).
Quando non si è in parete i cordini sono utili anche per il semplice trasporto di materiale, quali moschettoni, permettendo così un loro raggruppamento e una più bassa probabilità di perdere il materiale trasportato.
Essendo i cordini uguali per caratteristiche alle corde vanno trattati con la stessa cura e manutenzione.
I cordini devono avere un carico minimo maggiore del prodotto del diametro (in mm) del cordino al quadrato moltiplicato per un fattore f = 20 daN x mm²: F > d²·f
Nel caso dei cordini in nylon f vale 20 daN/mm²
FETTUCCIA
Utilizzo
L’utilizzo della fettuccia è equivalente a quello dei cordini, fatta eccezione per i nodi autobloccanti (Prusik e Machard). L’uso in sosta è sconsigliato, in quanto le fettucce, sovrapponendosi ad alcune parti del moschettone, portano ad un indebolimento in caso di sollecitazione delle stesse.
Tipi
Le fettucce possono essere di due tipi:
piatte: una semplice striscia di tessuto
tubolari: un vero e proprio tubo tessuto, appiattito in maniera da apparire e comportarsi come una striscia semplice
Per entrambe le tipologie, in commercio si possono trovare molti sottotipi di fettucce di diversa lunghezza e tenuta.
In passato la tenuta era resa evidente, sulla fettuccia, da un numero variabile di striscie colorate (“fili spia”), ciascuna indicante una resistenza nominale di 500 daN, di colore ben distinguibile dal fondo colorato, che la percorrevano totalmente in lunghezza. Oggi questa tecnica visiva è stata in parte abbandonata preferendo l’affidarsi alle fettuccie pretagliate e precucite, con valore di tenuta espresso direttamente sull’etichetta.
Come il cordino, la fettuccia viene spesso utilizzata chiusa ad anello; si possono trovare in commercio anelli di fettuccia già pronti, realizzati per cucitura, oppure fettuccia “sciolta” da annodare. In quest’ultimo caso il nodo da utilizzare è l’asola ripassata; le estremità di fettuccia che avanzano dal nodo devono essere di almeno 5 cm, ed il nodo deve essere ben serrato, stringendo a due a due i quattro capi che lo formano.
Tranne in rari casi, le fettucce cucite sono da preferire a quelle da annodare, in quanto le prime, non presentando l’indebolimento che provocherebbe il nodo, resistono circa il 25% in più delle altre. Esse devono avere un’ etichetta con riportato il carico di rottura (che deve sempre essere superiore a 2200 daN), ed il filo della cucitura di chiusura deve essere sempre ben visibile.
DAISY CHAIN La daisy chain (ingl.: ghirlanda) è un dispositivo utilizzato in alpinismo, costituito da un anello di fettuccia cucito in modo tale da formare diverse asole. Normalmente utilizzato durante la discesa in corda doppia. Permette infatti di avere numerosi ancoraggi a diverse distanze dall’imbragatura, al fine di favorire il corretto posizionamento dei dispositivi necessari alla discesa.
Meteo area montagna
Daysi chan
IMBRAGATURA
L’imbrago o imbragatura è un elemento basilare per la sicurezza nell’arrampicata moderna.
Si tratta di un indumento costituito da larghe cinture di stoffa (collegate tra loro) che, cingendo ai fianchi e alle cosce chi la indossa, ne permette l’assicurazione alla corda e lo svolgimento di tutte le manovre di sicurezza. Le imbragature devono rispettare gli standard europei di sicurezza previsti dalle specifiche norme EN 12277. Tutti i modelli prodotti e venduti nella Comunità Europea vengono di conseguenza testati “ad hoc” per garantire resistenza, comfort e funzionalità dell’articolo.
Alcune ditte produttrici di imbragature per alpinismo sono: Camp, Petzl, Grivel, Kong e molte altre marche ancora. Imbragatura per alpinismo
L’imbragatura viene utilizzata per collegare l’arrampicatore alla corda, proteggendelo quindi (indirettamente) in caso di caduta. E’ infatti la corda che assorbe e trattiene la caduta, mentre l’imbagatura ha l’importante scopo di distribuire in modo uniforme, e in zone del corpo non critiche, lo strappo derivente dalla forza d’arresto. Tale strappo – secondo le attuali normative – deve essere trasmesso al corpo dell’arrampicatore tramite un punto di applicazione posto superiormente al suo baricentro; le norme prevedono altresì che non debba essere possibile, in nessun caso, lo sfilamento del corpo di chi cade. Nell’arrampicata moderna si è consolidato l’utilizzo di imbragature cosiddette “basse” (per distinguerle dalle imbragature in voga fino agli anni Ottanta, dotate di fasce che cingevano anche la parte alta – spalle e sterno – dell’arrampicatore). Tali moderne imbragature sono inoltre caratterizzate da una fettuccia ad anello, detta “anello di servizio”, che congiunge la cintura con i cosciali e che viene utilizzata in molte manovre di sicurezza.
All’interno di due passanti dell’imbragatura (gli stessi in cui è posto l’anello di servizio) si infila la corda d’arrampicata, che viene poi annodata con un nodo delle guide con frizione (o nodo a otto ripassato)
L’imbragatura è munita altresì di portamateriali, utili per “appendervi” moschettoni, rinvii e quant’altro sia necessario utilizzare per la progressione in parete.
Imbragature “complete”, ossia fornite di protezione avvolgente delle spalle, vengono ancora utilizzate in alcuni ambiti dell’alpinismo, come per esempio sulle vie ferrate, o in particolari frangenti (calate in corda doppia in cui l’alpinista debba sostenere sulle spalle uno zaino molto pesante).
Esistono infine anche imbragature cosiddette “combinate”, costituite da una parte bassa (la moderna imbragatura costituita da cintura e cosciali) a cui viene abbinata una parte alta, detta anche “pettorale” (costituita da bretelle di fettucce che cingono le spalle dell’arrampicatore e che vengono chiuse, con l’ausilio di un cordino o di una maglia rapida, all’altezza dello sterno). Le due imbragature vengono poi collegate tra loro tramite la corda di cordata.
imbragatura bassa e alta
CASCHETTO
Il caschetto è un sistema di protezione della testa utilizzato in alpinismo. Solitamente è costituito da un involucro esterno di plastica leggera e morbida (serve solo come “contenitore”, e non costituisce da sé una protezione), un’anima di polistirolo che costituisce la protezione vera e propria, vari spessori di gommapiuma per rendere il caschetto più comodo in testa all’alpinista, ed un sistema di chiusura a sottogola. Alcuni modelli hanno il guscio esterno in fibra di vetro o fibra di carbonio
caschetti
PIASTRINA “GI GI”
E’ una piastrina per l’assicurazione con molteplici usi, chiamata Gi-Gi.
Assicurazione di un secondo di cordata.
Inserimento di una sola corda di diametro uguale o superiore a 10 mm nella Gi-Gi per l’assicurazione al secondo di cordata.
Attenzione! Il connettore (sempre con ghiera) deve essere posizionato contro la costolatura. Verificare che tirando la corda che va al secondo il dispositivo blocchi.
piastrina "gi gi" e utilizzo
TUBER o SECCHIELLO e DISCENSORI
Il Tuber o conosciuto anche come secchiello è un freno che serve ad assicurare il primo al secondo ha un cavetto di acciaio che ha la funzione di aggancio all’imbrago nel periodo in cui non viene usato e durante l’assicurazione impedisce che il secchiello si allontani troppo dall’assicuratore che lo ha legato così all’imbrago. l secchiello viene anche utilizzato come discensore per le discese in corda doppia. Da utilizzare moschettone con ghiera.
Principio di funzionamento
Il discensore sfrutta l’attrito che si crea tra il corpo dello strumento (generalmente metallico) e la corda per dissipare l’energia cinetica che il corpo dell’utilizzatore acquisterebbe in discesa libera[1]. Questo fa sì che una piccola tensione esercitata dalla mano che trattiene il tratto di corda a valle del discensore permetta di variare sensibilmente l’attrito tra corda e discensore, trasferendo la maggior parte del peso sull’imbragatura e non sulla mano stessa.
L’energia viene dissipata sotto forma di calore; ne consegue un forte riscaldamento del discensore, con potenziali effetti collaterali.
Discensore Pierre Allain, 1943
Storia
In passato, la discesa in corda doppia veniva effettuata con tecniche che non prevedevano l’utilizzo di discensore: la corda veniva avvolta attorno al corpo della persona, che provvedeva a dissipare l’energia. Con l’introduzione dell’imbragatura, iniziarono a comparire artifizi volti a migliorare questa configurazione. Un primo artifizio molto rudimentale fu l’utilizzo di un moschettone agganciato all’imbragatura, mantenendo l’utilizzo del corpo come dissipatore principale. Un successivo miglioramento fu la catena di moschettoni, che utilizzava appunto una serie di moschettoni per costringere la corda ad un percorso obbligato contro superfici metalliche.
Il primo discensore moderno fu inventato nel 1943 da Pierre Allain, ma non ebbe grande successo e non fu utilizzato fino agli anni ’60 del XX secolo.
Da allora, il discensore si è evoluto e specializzato a seconda del tipo di utilizzo.
Tipi di discensore
I tipi di discensore in commercio sono molteplici. Alcuni sono adatti anche come sistemi per assicurare il primo di cordata, mentre altri sono quasi esclusivamente adatti alla sola discesa su corda. Quando utilizzati per assicurazione, sono metodi di assicurazione dinamica, ovvero non bloccano la corda in caso di caduta ma agiscono da riduttori di forza, e solo un’azione dell’assicuratore può fermare lo scorrere della corda e quindi la caduta.
Discensore a secchiello
Il discensore a secchiello o tuber è un discensore per alpinismo ed arrampicata, utilizzabile anche per assicurazione. Consiste in una struttura metallica con due fessure, in cui si infila la corda; negli anelli di corda così creati si infila un moschettone, che va poi fissato all’imbragatura. L’attrito si genera grazie all’azione combinata del corpo del discensore e del moschettone.
Il discensore ad “otto” deriva dal primo discensore Pierre Allain. Caratterizzato dalla forma simile al numero “otto”, è fabbricato in acciaio anodizzato o in lega di alluminio.
Si utilizza con una tecnica molto simile a quella del secchiello. L’anello piccolo viene infilato all’imbragatura. Un’ansa di corda viene fatta passare dentro all’anello più grosso ed avvolta intorno al “gambo” del discensore; l’attrito si genera per sfregamento di quest’ansa.
Ha i vantaggi di essere molto economico e facile da utilizzare; per contro, ha il difetto di torcere molto la corda.
Utilizzato come discensore è poco sicuro, in quanto non autobloccante, a meno che non sia utilizzato insieme ad altri sistemi di sicurezza, come ad esempio un prusik.
Schema di funzionamento di un discensore a pulegge fisse
Discensore a pulegge fisse
Il discensore a pulegge fisse è utilizzato principalmente in speleologia. Nella sua forma più comune (prodotti commerciali Kong e Petzl) permette la discesa su corda singola. È costituito da due pulegge fisse imbullonate su una piastra metallica; una seconda piastra metallica mobile è imperniata sull’asse della puleggia fissa più interna, ed è dotata di un clicchetto che ne permette l’aggancio ad un moschettone[1]. Grazie a questo meccanismo non è necessario togliere il discensore dall’imbragatura per togliere e mettere la corda. Questa viene fatta passare nel discensore con un percorso a “S”; l’attrito si genera sulle due pulegge. È difficilmente utilizzabile per assicurazione.
Discensore autobloccante
È una variante del discensore a pulegge fisse, al quale viene aggiunta una leva mobile che in posizione di riposo strozza la corda, bloccando la discesa. La velocità di discesa viene regolata variando la pressione sulla leva. È utilizzato in speleologia, e non è adatto per assicurazione.
Discensore a barrette
Il discensore a barrette deriva dalla catena di moschettoni, dalla quale riprende il principio di funzionamento. Si tratta di una struttura metallica ad “U” sulla quale sono fissate 4 o 5 barrette metalliche, alcune delle quali possono essere sbloccate ad un estremo per far passare la corda, che viene così forzata ad un percorso “avanti/indietro” tra le barrette. Utilizzato principalmente in speleologia, è poco adatto per assicurazione.
Precauzioni
I discensori sono fatti di metallo, quindi l’attrito che questi hanno dallo scorrimento della corda può far aumentare la temperatura, anche di molti gradi se la discesa è stata eseguita a grande velocità e per una lunga distanza. Per questo motivo è raccomandato, oltre a calarsi lentamente (laddove non sia strettamente necessario arrivare a terra nel più breve tempo possibile), di togliere velocemente il discensore dal contatto con la corda, per evitare che il calore sviluppato dall’attrito rovini il rivestimento della corda, riducendo quest’ultima a sfibrarsi lentamente e con il passare del tempo e delle calate. Una volta tolto il discensore si possono togliere con calma anche gli altri componenti.
secchielli e discensori - assicuratori
BLOCCANTI
In passato, alpinisti e speleologi utilizzavano, per assicurarsi alle corde, dei nodi autobloccanti: si trattava di cordini avvolti intorno alla corda con appositi accorgimenti, in modo che potessero scorrere liberamente quando scarichi, ma “strozzassero” la corda, bloccandocisi sopra, quando sottoposti ad un carico, come ad esempio il nodo prusik ed il nodo machard.
Nel 1958 la Ditta svizzera Jumar mise sul mercato il primo dispositivo autobloccante. Questo bloccante ebbe un tale successo che il termine jumar è spesso utilizzato come sinonimo di bloccante
Successivamente, altre ditte misero sul mercato bloccanti basati sullo stesso principio, e con gusci di forma e dimensione diversa a seconda delle necessità di utilizzo; tra le ditte che producono oggi questo tipo di bloccanti, oltre alla stessa Jumar, ricordiamo Petzl e Kong.
Funzionamento
Il bloccante è costituito da una struttura metallica con un eccentrico imperniato ad un’estremità. Si sposta l’eccentrico dalla sua sede, si posiziona la corda tra l’eccentrico ed il guscio della struttura, e si rimette l’eccentrico al suo posto. L’eccentrico è conformato in modo da lasciar scorrere la corda quando il bloccante si muove in un senso, ed a bloccarla quando si muove nell’altro. Per evitare lo scivolamento della corda sull’eccentrico, quest’ultimo è dotato di piccole sporgenze che aumentano l’attrito con la corda.
I bloccanti specifici per utilizzo speleologico hanno spesso delle scanalature sull’eccentrico per permettere di eliminare il fango che si accumula sulle corde.
Salvo rare eccezioni, i bloccanti sono studiati per lavorare su corda singola.
Utilizzi
Alpinismo ed arrampicata
I bloccanti in alpinismo vengono utilizzati per aiutare la progressione su corde fisse, oppure per permettere la risalita su corda o al secondo di cordata, o all’arrampicatore che sia sceso dall’alto per ispezionare una parete. Si utilizzano di solito dei bloccanti tipo “maniglia”, singoli per assistenza su risalita su pendio, a coppie per risalita su sola corda.
Vi sono bloccanti studiati per poter essere utilizzati in sostituzione dei nodi autobloccanti quando si effettua una discesa in corda doppia; ne è un esempio il modello Shunt della Petzl, utilizzabile appunto su corda doppia.
bloccanti
MOSCHETTONI
Il moschettone è un anello di metallo incompleto per permettere l’apertura e la chiusura dello stesso. Di forme diverse, presenta un lato apribile che può essere fermato da una ghiera, può essere di acciaio oppure leghe leggere. Viene usato laddove c’è necessità di unire due elementi in maniera rapida sicura e riutilizzabile, per questo è usato spesso per sport quali alpinismo, parapendio, speleologia, arrampicata sportiva.
moschettoni
RINVIO
Il cosiddetto rinvio è uno strumento di sicurezza, utilizzato in alpinismo e in arrampicata, composto da due moschettoni tra loro collegati da una fettuccia di dyneema o nylon. Permette di agganciare rapidamente la propria corda ad un punto di ancoraggio limitando l’attrito della corda tra i vari ancoraggi posti durante la salita. In pratica, il primo di cordata, durante la propria ascensione, utilizza un rinvio per ciascun ancoraggio: a questo egli aggancia uno dei due moschettoni, mentre nell’altro moschettone viene successivamente passata la corda di salita (cui egli stesso è legato). Ciascun elemento che compone il rinvio (moschettoni e fettuccia) deve essere certificato CE e rispondere alle relative norme EN. La normativa attuale (fine 2008) non prevede invece una certificazione del rinvio nel suo insieme, ossia come elemento “unitario”.
Storia, tradizione e dialetti d’Italia hanno fatto sì che, nel tempo, per il rinvio siano invalsi nomi e nomignoli tra i più disparati. Alpinisti e arrampicatori di regioni differenti possono per esempio conoscerlo come “preparato”, “sveltina”, “express” etc.
I vantaggi dell’uso dei rinvii sono:
evitare che la corda si sposti eccessivamente dalla linea ideale di salita, assumendo un andamento a zig-zag fra un ancoraggio e l’altro (la qual cosa incrementerebbe le difficoltà del primo di cordata: la corda, infatti, sarebbe oggetto di forti attriti dettati dall’angolazione degli ancoraggi) ;
evitare che le vibrazioni della corda possano muovere o far fuoriuscire i chiodi, i friend, i nut e altri ancoraggi, specie se sistemati in punti particolarmente delicati o su roccia friabile;
assicurare che la corda, in caso di caduta, scorra più facilmente lungo i punti di assicurazione: un forte attrito, difatti, tenderebbe a vanificare l’effetto elastico tipico delle moderne corde dinamiche in nylon;
aumentare la distanza tra la corda e la roccia, diminuendo il rischio che la corda s’impigli o, peggio ancora, si lesioni per abrasione o taglio;
riuscire a sfruttare in maniera ottimale la lunghezza della corda evitando gli “sprechi” dovuti a un andamento “zigzagante” del percorso.
rinvii
CHIODI DA ROCCIA
I chiodi da roccia sono degli ancoraggi artificiali utilizzati dagli alpinisti allo scopo di proteggersi in caso di caduta o sosta, per fissare la corda per le calate o per la progressione in arrampicata artificiale. La loro forma consente di essere battuti a forza con il martello in fessure o buchi naturali della roccia e lasciando all’esterno un occhiello per potervi inserire un moschettone o un cordino. I chiodi da roccia sono costruiti in diverse forme e materiali per adattarsi al tipo di roccia e di fessura. Rispetto alla posizione dell’anello si distinguono chiodi orizzontali, verticali e universali. Nei chiodi orizzontali l’occhiello è ruotato di 90 gradi rispetto alla lama, in quelli verticali è posto sullo stesso piano ed infine in quelli universali l’occhiello è inclinato di 45 gradi. L’efficienza di un chiodo dipende anche dalla capacità di torsione della lama quando posta sotto carico; questo contribuisce ad aumentare l’attrito tra la lama e la fessura diminuendo il pericolo di fuoriuscita. Per questo motivo è preferibile utilizzare i chiodi orizzontali nelle fessure verticali e viceversa. Il chiodo universale è adatto ad entrambe le situazioni. I chiodi da roccia inoltre si classificano per lunghezza e vengono distinti in due classi: da progressione (fino a 9 cm) e da sosta (oltre i 9 cm).
I chiodi da roccia sono costruiti in acciaio dolce (deformabili) o in acciaio speciale (molto meno deformabili). I primi sono utilizzati in rocce “tenere” come le rocce calcaree o la dolomia e la loro tenuta è dovuta alla pressione generata dalla deformazione del chiodo entro alla fessura. In questo caso l’impiego di chiodi in acciaio speciale tenderebbe a rompere la roccia a scapito della tenuta. I chiodi in acciaio speciale sono utilizzati in rocce “dure” come il granito e lo gneiss. Questi chiodi hanno il vantaggio di deteriorarsi molto meno dei precedenti e di poter essere riutilizzati un maggior numero di volte. In caso di salite in montagna (solitamente lunghe) il chiodo è recuperato dal secondo di cordata e nuovamente utilizzato per la salita dal primo di cordata.
chiodi
FRIEND
Con il nome di friend sono popolarmente conosciuti, nell’ambiente alpinistico, particolari attrezzi meccanici a camme mobili che possono venire impiegati sia come ancoraggio provvisorio, durante la progressione della cordata, sia come elementi costitutivi dell’ancoraggio di sosta. L’impiego del friend è esclusivo dell’arrampicata su roccia, dal momento che, per svolgere la propria funzione, esso deve incastrarsi in una fessura (è pressoché impossibile utilizzarlo su ghiaccio).
Funzionamento Inventato da Ray Jardine nella seconda metà degli Anni settanta, l’attrezzo è caratterizzato da alcune camme la cui geometria è variabile per mezzo di tiranti e molle. Riducendo infatti l’ingombro delle camme, diventa possibile inserire il friend dentro fessure nelle quali non sarebbe altrimenti potuto entrare. Una volta inserito nella fessura, occorre rilasciare i tiranti e far entrare in azione la molla che “richiama” le camme verso la loro posizione naturale. Le camme vanno così ad aderire alle pareti della fessura e l’effetto prodotto dal sistema, grazie alla studiata geometria dell’attrezzo, è tale che più il friend viene sollecitato per la fuoriuscita, più le camme tendono ad aprirsi e, di conseguenza, a fare forza contro le pareti della fessura.
Di norma, i friend utilizzati durante la progressione vengono agganciati con un cosiddetto rinvio (coppia di moschettoni collegata da una fettuccia) nel quale viene fatta poi passare la corda (o le corde) cui è legato l’alpinista che sale.
I friend possono essere di diverse misure, differenziandosi tra loro soprattutto per le dimensioni delle camme (che possono andare da sezioni di pochi millimetri fino a 50 centimetri circa). Non esiste però un accordo, tra le case produttrici di tali attrezzi, per una comune numerazione o gradazione delle dimensioni dei friend. Tutto ciò a discapito del pubblico acquirente, a cui mancano le necessarie minime informazioni per una corretta comparazione degli attrezzi.
Il friend è un attrezzo relativamente moderno e mediamente molto costoso. Storicamente, i friend più conosciuti nell’ambiente alpinistico sono quelli della serie Camalot™ dell’azienda americana Black Diamond. Tanto che la parola “camalot” viene spesso utilizzata, anche se impropriamente, quale sinonimo per riferirsi a un qualsiasi friend.
Il corretto utilizzo di un friend richiede perizia, esperienza e molta, molta pratica. Le condizioni in cui l’attrezzo può lavorare in modo poco affidabile, infatti, sono davvero molte: camme che non aderiscono perfettamente alla fessura; fessura svasata o non adatta; roccia friabile; angolazione dell’attrezzo errata; suo eccessivo inserimento all’interno della fessura; suo scarso inserimento nella fessura; scelta di una misura non adatta alla fessura etc.
friend
NUT o DADI
I nuts (o dadi) sono blocchetti di metallo di varie forme e dimensioni, che vengono utilizzati come mezzi di assicurazione e/o progressione durante l’ascensione di una parete di roccia.
Possono essere muniti di cavetto metallico o di un anello di cordino, entrambi di adeguato carico di rottura.
Rispetto ai chiodi, sono di utilizzo più rapido e vengono rimossi più facilmente dal secondo di cordata; non richiedono l’uso del martello in quanto vengono semplicemente incastrati in fessure/buchi e sono più rispettosi dell’integrità della parete ascesa. Il loro posizionamento deve essere attentamente valutato per impedire lo sfilarsi del nut dalla cavità utilizzata. A questo scopo, spesso può rivelarsi utile un secondo nut, anche di minima tenuta, ma contrapposto e che mantenga in trazione il primo per mantenerlo fisso in posizione corretta.
I più usati sono in lega leggera, di forma tronco conica, regolare o spesso lievemente asimmetrica, per rafforzare la tenuta alla trazione, e allo sfilarsi dalla parete, con una componente di rotazione, durante un eventuale strappo.
I nuts furono introdotti dagli alpinisti americani negli anni sessanta che li utilizzavano nelle fessure regolari del granito delle Montagne Rocciose. Infatti l’ utilizzo ottimale dei nuts sono appunto le fessure profonde e regolari. Devono il loro nome di dadi alle prime forme artigianali realizzate per l’appunto passando un cordino all’interno dei dadi normalmente utilizzati per bloccare le traversine dei binari ferroviari.
nut o dadi
STAFFE
Le staffe da alpinismo sono particolari attrezzi, di lunghezza e foggia variabile, che servono ad aiutare l’alpinista nel superamento di tratti di roccia altrimenti impossibili o estremamente difficili da passare (magari perché molto esposti, lisci o strapiombanti). Molto in voga nel periodo dell’alpinismo classico (dagli anni Cinquanta agli anni Settanta), quando il concetto di “arrampicata libera” (o di alpinismo “by fair means”, con mezzi leali, come voleva la tradizione anglosassone) sulle Alpi non aveva ancora preso il sopravvento, le staffe possono essere considerate uno dei simboli dell’arrampicata artificiale.
Struttura
La staffa può essere assimilata a una piccola scala a pioli ed è in genere costruita con materiali leggeri e malleabili (cordini o fettucce in nylon per lo “scheletro” e piccole barre di legno o di alluminio per i pioli). In molti casi, tuttavia la staffa può essere costituita anche da solo nylon, attraverso una serie di anelli e di fettucce che, cucite tra loro ad anelli, formano i vari pioli. Alla sommità della staffa è solitamente posto un piccolo anello di cordino che serve a collegare la staffa stessa ad un moschettone.
Utilizzo
Le staffe vengono solitamente utilizzate in coppia (una per piede) e consentono, una volta che siano state agganciate a protezioni infisse nella parete o ad attrezzi di varia natura (chiodi, spit, skyhook), di dare stabilità all’alpinista che può mettersi in equilibrio su una di esse, o anche su entrambe, e utilizzare liberamente le mani. La serie di pioli (o anelli di fettuccia) permette poi all’alpinista di innalzarsi poco alla volta per cercare di raggiungere una protezione successiva nella quale verrà infine passata, ancora una volta, la staffa successiva.
Durante la scalata, quando non utilizzate, esse vengono solitamente portate ben ripiegate (attaccate all’imbragatura), in modo che non creino intralcio al movimento. Sono poi “sciolte” solo nel momento del loro effettivo utilizzo.
staffe
PICOZZE
La piccozza è un attrezzo alpinistico utilizzato per la progressione e l’ assicurazione su neve o ghiaccio. Consiste di un manico alla cui estremità inferiore è posta una punta ed all’ estremità superiore una lama composta da una becca e da una paletta. La piccozza può essere considerata l’ evoluzione del bastone da montagna (noto anche come alpenstock o bastone ferrato perché presenta una punta nell’ estremità inferiore) da una parte e dell’ ascia dall’ altra. Infatti le guide che accompagnavano i primi alpinisti agli inizi dell’ ‘800 per poter superare ripidi pendii di neve dura o ghiaccio utilizzavano delle normali ascie per scavare delle tacche (gradini) ove poter appoggiare i piedi con relativa sicurezza. Ben presto comunque il manico dell’ ascia si allunga e si dota di una punta per poter surrogare il bastone ferrato e la lama si specializza dividendosi in una becca, adatta ad essere piantata nel pendio di ghiaccio per rendere più sicura la progressione ed una paletta utilizzata per scavare i gradini. Assieme alla corda è una delle icone classiche dell’ alpinismo; lo stemma del Club Alpino Italiano mostra una corda, una piccozza e un binocolo.
Una piccozza fu usata per l’ assassinio di Leon Trotsky e più recentemente di (EN) Antony Walker , giovane inglese vittima di una violenza razziale a Liverpool nel luglio del 2005
piccozze
RAMPONI
I ramponi sono oggetti appartenenti all’equipaggiamento alpinistico utilizzati per la progressione su ghiaccio o neve ghiacciata.
Sono costituiti da punte metalliche che vengono agganciate agli scarponi attraverso un sistema di cinghie e di fibbie. I ramponi moderni, detti ramponi ad attacco rapido, sono dotati, nella parte anteriore, di un segmento in acciaio predisposto ad essere inserito in un apposito incavo presente sugli scarponi da ghiaccio e dispongono di un meccanismo a scatto che ne consente il fissaggio rapido allo scarpone.
Scarponi ramponati con il metodo classico le punte compaiono in numero variabile nei diversi modelli e determinano l’uso del rampone.
I ramponi a 8 o a 10 punte si usano per marciare sulla neve compatta, quelli a 12 punte o più si usano per la progressione su ghiacciaio e per scalare.
Al di sotto delle 8 punte non si parla più di ramponi quanto di grappette, un ausilio per la progressione molto antico, tradizionalmente utilizzato dalle popolazioni delle zone montane per spostarsi nei mesi invernali. Le grappette sono costituite da 4 o 6 punte metalliche che vengono agganciate in corrispondenza del tacco e della pianta dello scarpone (mai della punta).
Ramponi e tecnica di ascensione
I vecchi ramponi erano molto simili a grappette con un numero elevato di punte, poiché mancavano di quelle anteriori o queste erano solo abbozzate. La progressione risentiva pesantemente di questa limitazione, sicché non era possibile procedere oltre una certa pendenza. Man mano che il pendio si inclinava la tecnica consisteva nella divaricazione progressiva dei piedi con torsione delle caviglie (“piedi a piatto” o “a papera”) ma naturalmente oltre un certo limite non era possibile piegare le caviglie. L’alpinista iniziava, quindi, a salire in diagonale appoggiandosi alla piccozza (tecnica classica).
Con l’introduzione delle punte anteriori divenne possibile posizionare i piedi perpedincolarmente al pendio, progredendo rapidamente con due piccozze (piolet traction). La moderna tecnica di scalata delle cascate di ghiaccio si basa proprio su questo principio.
Un effetto noto, molto pericoloso, che può verificarsi usando i ramponi, consiste nella creazione di uno zoccolo di neve compatta che può formarsi dentro il rampone quando si procede nella neve molle o crostosa; a causa di questo fenomeno si può perdere improvvisamente l’appoggio su un piede, con rischio di caduta.
Una nota a parte merita l’uso delle grappette su terreno non ghiacciato. In alcune zone montuose, dove i pendii erbosi sono molto ripidi e scoscesi (come le Alpi dell’Algovia, in Baviera), taluni escursionisti preferiscono ricorrere all’uso delle grappette su prato, per evitare di scivolare sull’erba.
Manutenzione
I ramponi devono avere sempre le punte affilate, per poter penetrare saldamente nelle superfici ghiacciate. Le punte si affilano con una lima, operando sempre sulle superfici laterali e mai su quelle frontali, per evitare di assottigliarne lo spessore rendendole fragili.
Dopo un’escursione i ramponi vanno asciugati con cura e protetti con un sottile strato di olio.
ramponi
A.R.VA, PALA E SONDA
Per chi pratica Alpinismo, Scialpinismo, trekking con le Ciaspe è un set indispensabile, in caso di valanga i compagni sono i primi a portare il primo soccorso con la ricerca grazie a questi strumenti. A.R.VA. significa Apparecchio di Ricerca in Valanga, si tratta di un apparecchio elettronico rice-trasmettitore che funziona alla frequenza di 457kHz esiste analogico, digitale e analogico – digitale ad una, due o tre antenne.
Viene indossato sotto gli indumenti prima di partire con la nostra escursione dopo aver fatto il test di ricezione e trasmissione con i nostri compagni, una volta verificato che tutto sia ok, partiamo con tutti gli A.R.VA in modalità trasmissione.
In caso di Valanga grazie a questo apparecchio, la persona travolta può essere localizzata dai compagni dopo averlo commutato in ricezione, dobbiamo tener conto che le probabilità di trovare una persona in vita si abbassano notevolmente dopo i 15 minuti.
Dopo la localizzazione si usa la sonda per capire a che profondità si trova la persona e la pala per scavare. Per l’utilizzo di questi strumenti consiglio vivamente di frequentare un corso organizzato dalla Sezione CAI e fare molta pratica.
ZAINO
Lo zaino va scelto in base al tipo di attività e esigenza, ne esistono di svariate marche e capacità.
- trekking
- alpinismo
- arrampicata
artva pala sonda
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