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Venezia
Lun 27 Marzo 2023

MATERIALE ALPINISMO

Premessa, nell’Alpinismo in alta montagna una delle cose più importanti da non sottovalutare è “l’abbigliamento” ed è bene vestirsi a strati (la così detta cipolla). Al giorno d’oggi ormai esistono materiali tecnici caldi e leggeri che permettono un buon movimento.
Molto importante oltre ad avere tutta l’attrezzatura adatta per il ghiaccio e il misto occorre una buona preparazione fisica e psichica.

ABBIGLIAMENTO

Come dicevamo prima è preferibile vestirsi a cipolla cioè a strati, per garantire una temperatura corporea costante ed avere una buona traspirazione per non sudare; il nostro corpo umano gestisce questo scambio di calore essenzialmente grazie all’apparato circolatorio periferico e attraverso l’evaporazione con il sudore. Per evitare inutili sudate o congelate occorre avere dei capi tecnici e specifici, in commercio esistono molte marche, tutte di ottima qualità che mantengono caldi e fanno traspirare io consiglio di prendere una taglia aderente per facilitare questo processo. Esistono tessuti con fibre naturali come il cotone, la lana, la seta sono tutte ottime per la temperatura e per l’assorbimento del sudore il contro è che fanno fatica ad asciugarsi e la sensazione del bagnato non è molto piacevole (sopratutto nel periodo invernale). In questi anni ha preso piede l’abbigliamento composto da tessuti sintetici, sono migliorati di molto anche nella traspirazione grazie alla struttura del tessuto (ad esempio i pile e micropile).
Importanti sono anche le giacche e i pantaloni, sono prodotti in svariati materiali quali la cordura, il gore-tex ……. sono resistenti alle abrasioni, mantengono la temperatura, sono antivento e molto altro ancora è importante però che una volta indossati permettano di muoversi bene e non farci soffrire.
I guanti servono innanzitutto per riparare dal freddo eventuali abrasioni, ne esistono di più o meno pesanti fatti a manopola e pollice, a manopola apribile e i classici con le 5 dita.
Da non dimenticare il cappello o passamontagna che ti salva le orecchie quando tira vento, occorrono anche degli occhiali da sole con delle buone lenti scure per riparare gli occhi dal riflesso della neve (compresa la crema solare).
Passiamo infine agli scarponi, per questo tipo di attività occorre valutare bene la scelta che a parte i colori e la marca devono essere innanzitutto comodi, robusti adatti al misto: roccia – neve – ghiaccio, con possibilità di indossare inoltre i ramponi semplici, semiautomatici o automatici e le ghette che servono per evitare che entri neve negli scarponi e nei pantaloni.
La corda è senza dubbio il materiale più importante per qualsiasi alpinista. Essa può essere considerata come una sorta di paracadute ed è l’elemento fondamentale di tutta la catena di assicurazione.
Nella storia dell’alpinismo si ricordano le prime corde interamente in canapa che, seppur analoghe nello scopo, avevano caratteristiche completamente diverse da quelle cosiddette moderne i cui materiali e caratteristiche tecnologiche e costruttive sono peraltro in continua evoluzione.
Le corde in fibra poliammidica (tipo nylon 6, nylon 6,6, perlon,…) hanno una struttura centrale detta anima e una guaina detta camicia o calza. Il componente fondamentale è il monofilamento sintetico. Attorcigliando più monofilamenti vengono ottenuti i cosiddetti stoppini che vengono intrecciati per ottenere la calza. Attorcigliando gli stoppini si ottengono i trefoli che attorcigliati a loro volta formano l’anima della corda. Secondo le norme vigenti l’anima della corda deve costituire almeno il 50% della massa totale.
Le principali caratteristiche che una corda deve possedere (anche per poter soddisfare le norme vigenti e gli standard di sicurezza) sono:
una resistenza alla rottura per un certo numero di cadute al limite delle caratteristiche per cui la corda stessa è certificata; una certa deformabilità dinamica in grado di ridurre la forza d’arresto massima che in caso di caduta si ripercuote sul corpo dell’alpinista e sugli ancoraggi;
una notevole manegevolezza anche nelle peggiori condizioni ambientali (ghiaccio, neve, acqua,…); elevata scorrevolezza nei moschettoni; buona annodabilità.
Le corde vengono classificate secondo molteplici parametri: tipo, peso, diametro, caratteristiche tecnologiche (ad es.: corde superdry ad asciugamento ultrarapido). Inoltre tutte le corde per l’alpinismo devono rispondere a requisiti minimi dettati dalle norme EN 892 per poter essere omologate e vendute.
Le corde vengono quindi distinte secondo la normativa EN 892 in:
Corde semplici, dette anche intere Mezze corde                         che in generale, non andrebbero usate singolarmente non potendo ritenersi – con un tale utilizzo – del tutto sicure (meglio utilizzarne due accoppiate)
Corde gemellari vendute esclusivamente in coppia e testate (sempre in coppia) nelle stesse condizioni della corda semplice, vanno sempre utilizzate insieme (accoppiate)
In generale si può dire che una corda tipica per l’alpinismo ha un peso usualmente compreso nell’intervallo 70-85 g per metro lineare per le corde semplici e 45-55 g/m per le mezze corde e una lunghezza di 50 o 60 metri (lunghezza tipica dei tiri in una via alpinistica). Sebbene il diametro sia sempre ben evidenziato (anche commercialmente) e nonostante fosse un tempo il parametro di riferimento per la distinzione delle mezze corde attualmente l’unico tratto caratterizzante a livello normativo è la forza d’arresto massima.
Le corde per uso alpinistico sono identificate mediante:
un cartellino descrittivo che deve sempre essere fornito a corredo della corda e indicante tipo, diametro, lunghezza, peso per metro, forza di arresto massima, numero di cadute massime sopportabili, scorrimento della guaina, allungamento statico e informazioni supplementari relative a vita media del prodotto, condizioni di manutenzione, stoccaggio, pulizia… tramite una fascetta applicata ad entrambe le estremità riportante:
il riferimento EN 892
nome e/o marchio del produttore
marchio CE
Tipo di corda (semplice, mezza, gemellare)
Il marchio UIAA se la corda soddisfa le norme UIAA (opzionale)
N.B. Oggi si possono trovare sul mercato anche corde che, soddisfacendo tutti i diversi requisiti richiesti dalle normative, sono contemporaneamente classificate – per tipologia – sia come corde intere, sia come mezze (sia come gemellari). Nel qual caso, la fascetta riporta tutte le tipologie per le quali la corda è stata omologata.
Il cordino è una corda di diametro ridotto (comunemente compreso tra 4 e 8 mm) utilizzata per specifiche operazioni.
Sono fabbricati di solito in kevlar ed hanno diametri diversi in funzione del carico da sopportare. Solitamente sono venduti al metro.
CORDINI
Utilizzo
I cordini vengono usati in alpinismo per la costruzione di soste, allungamento di punti di ancoraggio, e per manovre di sicurezza (nodi autobloccanti, quali Prusik e Machard).
Molto spesso i cordini vengono legati per formare un anello. Per fare ciò, si utilizzano in pratica solo due nodi:
nodo doppio inglese
asola ripassata
In entrambi i casi, i capi che escono dal nodo devono essere lunghi almeno 5 cm, ed il nodo deve essere ben fatto e serrato correttamente: infatti, la giunzione sul nodo è la parte più debole del cordino.
Mentre si sta arrampicando i cordini si trasportano solitamente a tracolla, facendo passare un braccio all’interno del cordino, tenendo l’altro invece libero (come gli zaini monospalla).
Quando non si è in parete i cordini sono utili anche per il semplice trasporto di materiale, quali moschettoni, permettendo così un loro raggruppamento e una più bassa probabilità di perdere il materiale trasportato.
Essendo i cordini uguali per caratteristiche alle corde vanno trattati con la stessa cura e manutenzione.
I cordini devono avere un carico minimo maggiore del prodotto del diametro (in mm) del cordino al quadrato moltiplicato per un fattore f = 20 daN x mm²: F > d²·f
Nel caso dei cordini in nylon f vale 20 daN/mm²
FETTUCCIA
Utilizzo
L’utilizzo della fettuccia è equivalente a quello dei cordini, fatta eccezione per i nodi autobloccanti (Prusik e Machard). L’uso in sosta è sconsigliato, in quanto le fettucce, sovrapponendosi ad alcune parti del moschettone, portano ad un indebolimento in caso di sollecitazione delle stesse.
Tipi
Le fettucce possono essere di due tipi:
piatte: una semplice striscia di tessuto
tubolari: un vero e proprio tubo tessuto, appiattito in maniera da apparire e comportarsi come una striscia semplice
Per entrambe le tipologie, in commercio si possono trovare molti sottotipi di fettucce di diversa lunghezza e tenuta.
In passato la tenuta era resa evidente, sulla fettuccia, da un numero variabile di striscie colorate (“fili spia”), ciascuna indicante una resistenza nominale di 500 daN, di colore ben distinguibile dal fondo colorato, che la percorrevano totalmente in lunghezza. Oggi questa tecnica visiva è stata in parte abbandonata preferendo l’affidarsi alle fettuccie pretagliate e precucite, con valore di tenuta espresso direttamente sull’etichetta.
Come il cordino, la fettuccia viene spesso utilizzata chiusa ad anello; si possono trovare in commercio anelli di fettuccia già pronti, realizzati per cucitura, oppure fettuccia “sciolta” da annodare. In quest’ultimo caso il nodo da utilizzare è l’asola ripassata; le estremità di fettuccia che avanzano dal nodo devono essere di almeno 5 cm, ed il nodo deve essere ben serrato, stringendo a due a due i quattro capi che lo formano.
Tranne in rari casi, le fettucce cucite sono da preferire a quelle da annodare, in quanto le prime, non presentando l’indebolimento che provocherebbe il nodo, resistono circa il 25% in più delle altre. Esse devono avere un’ etichetta con riportato il carico di rottura (che deve sempre essere superiore a 2200 daN), ed il filo della cucitura di chiusura deve essere sempre ben visibile.
DAISY CHAIN                                                                                La daisy chain (ingl.: ghirlanda) è un dispositivo utilizzato in alpinismo, costituito da un anello di fettuccia cucito in modo tale da formare diverse asole. Normalmente utilizzato durante la discesa in corda doppia. Permette infatti di avere numerosi ancoraggi a diverse distanze dall’imbragatura, al fine di favorire il corretto posizionamento dei dispositivi necessari alla discesa.
IMBRAGATURA  
L’imbrago o imbragatura è un elemento basilare per la sicurezza nell’arrampicata moderna.
Si tratta di un indumento costituito da larghe cinture di stoffa (collegate tra loro) che, cingendo ai fianchi e alle cosce chi la indossa, ne permette l’assicurazione alla corda e lo svolgimento di tutte le manovre di sicurezza. Le imbragature devono rispettare gli standard europei di sicurezza previsti dalle specifiche norme EN 12277. Tutti i modelli prodotti e venduti nella Comunità Europea vengono di conseguenza testati “ad hoc” per garantire resistenza, comfort e funzionalità dell’articolo.
Alcune ditte produttrici di imbragature per alpinismo sono: Camp, Petzl, Grivel, Kong e molte altre marche ancora.  Imbragatura per alpinismo
L’imbragatura viene utilizzata per collegare l’arrampicatore alla corda, proteggendelo quindi (indirettamente) in caso di caduta. E’ infatti la corda che assorbe e trattiene la caduta, mentre l’imbagatura ha l’importante scopo di distribuire in modo uniforme, e in zone del corpo non critiche, lo strappo derivente dalla forza d’arresto. Tale strappo – secondo le attuali normative – deve essere trasmesso al corpo dell’arrampicatore tramite un punto di applicazione posto superiormente al suo baricentro; le norme prevedono altresì che non debba essere possibile, in nessun caso, lo sfilamento del corpo di chi cade. Nell’arrampicata moderna si è consolidato l’utilizzo di imbragature cosiddette “basse” (per distinguerle dalle imbragature in voga fino agli anni Ottanta, dotate di fasce che cingevano anche la parte alta – spalle e sterno – dell’arrampicatore). Tali moderne imbragature sono inoltre caratterizzate da una fettuccia ad anello, detta “anello di servizio”, che congiunge la cintura con i cosciali e che viene utilizzata in molte manovre di sicurezza.
All’interno di due passanti dell’imbragatura (gli stessi in cui è posto l’anello di servizio) si infila la corda d’arrampicata, che viene poi annodata con un nodo delle guide con frizione (o nodo a otto ripassato)
L’imbragatura è munita altresì di portamateriali, utili per “appendervi” moschettoni, rinvii e quant’altro sia necessario utilizzare per la progressione in parete.
Imbragature “complete”, ossia fornite di protezione avvolgente delle spalle, vengono ancora utilizzate in alcuni ambiti dell’alpinismo, come per esempio sulle vie ferrate, o in particolari frangenti (calate in corda doppia in cui l’alpinista debba sostenere sulle spalle uno zaino molto pesante).
Esistono infine anche imbragature cosiddette “combinate”, costituite da una parte bassa (la moderna imbragatura costituita da cintura e cosciali) a cui viene abbinata una parte alta, detta anche “pettorale” (costituita da bretelle di fettucce che cingono le spalle dell’arrampicatore e che vengono chiuse, con l’ausilio di un cordino o di una maglia rapida, all’altezza dello sterno). Le due imbragature vengono poi collegate tra loro tramite la corda di cordata.

PIASTRINA “GI GI”

E’ una piastrina per l’assicurazione con molteplici usi, chiamata Gi-Gi.
Assicurazione di un secondo di cordata.
Inserimento di una sola corda di diametro uguale o superiore a 10 mm nella Gi-Gi per l’assicurazione al secondo di cordata.
Attenzione! Il connettore (sempre con ghiera) deve essere posizionato contro la costolatura. Verificare che tirando la corda che va al secondo il dispositivo blocchi.

TUBER o SECCHIELLO e DISCENSORI
Il Tuber o conosciuto anche come secchiello è un freno che serve ad assicurare il primo al secondo ha un cavetto di acciaio che ha la funzione di aggancio all’imbrago nel periodo in cui non viene usato e durante l’assicurazione impedisce che il secchiello si allontani troppo dall’assicuratore che lo ha legato così all’imbrago. l secchiello viene anche utilizzato come discensore per le discese in corda doppia. Da utilizzare moschettone con ghiera.
Principio di funzionamento
Il discensore sfrutta l’attrito che si crea tra il corpo dello strumento (generalmente metallico) e la corda per dissipare l’energia cinetica che il corpo dell’utilizzatore acquisterebbe in discesa libera[1]. Questo fa sì che una piccola tensione esercitata dalla mano che trattiene il tratto di corda a valle del discensore permetta di variare sensibilmente l’attrito tra corda e discensore, trasferendo la maggior parte del peso sull’imbragatura e non sulla mano stessa.
L’energia viene dissipata sotto forma di calore; ne consegue un forte riscaldamento del discensore, con potenziali effetti collaterali.
Discensore Pierre Allain, 1943
Storia
In passato, la discesa in corda doppia veniva effettuata con tecniche che non prevedevano l’utilizzo di discensore: la corda veniva avvolta attorno al corpo della persona, che provvedeva a dissipare l’energia. Con l’introduzione dell’imbragatura, iniziarono a comparire artifizi volti a migliorare questa configurazione. Un primo artifizio molto rudimentale fu l’utilizzo di un moschettone agganciato all’imbragatura, mantenendo l’utilizzo del corpo come dissipatore principale. Un successivo miglioramento fu la catena di moschettoni, che utilizzava appunto una serie di moschettoni per costringere la corda ad un percorso obbligato contro superfici metalliche.
Il primo discensore moderno fu inventato nel 1943 da Pierre Allain, ma non ebbe grande successo e non fu utilizzato fino agli anni ’60 del XX secolo.
Da allora, il discensore si è evoluto e specializzato a seconda del tipo di utilizzo.
Tipi di discensore
I tipi di discensore in commercio sono molteplici. Alcuni sono adatti anche come sistemi per assicurare il primo di cordata, mentre altri sono quasi esclusivamente adatti alla sola discesa su corda. Quando utilizzati per assicurazione, sono metodi di assicurazione dinamica, ovvero non bloccano la corda in caso di caduta ma agiscono da riduttori di forza, e solo un’azione dell’assicuratore può fermare lo scorrere della corda e quindi la caduta.
Discensore a secchiello
Il discensore a secchiello o tuber è un discensore per alpinismo ed arrampicata, utilizzabile anche per assicurazione. Consiste in una struttura metallica con due fessure, in cui si infila la corda; negli anelli di corda così creati si infila un moschettone, che va poi fissato all’imbragatura. L’attrito si genera grazie all’azione combinata del corpo del discensore e del moschettone.
Il discensore ad “otto” deriva dal primo discensore Pierre Allain. Caratterizzato dalla forma simile al numero “otto”, è fabbricato in acciaio anodizzato o in lega di alluminio.
Si utilizza con una tecnica molto simile a quella del secchiello. L’anello piccolo viene infilato all’imbragatura. Un’ansa di corda viene fatta passare dentro all’anello più grosso ed avvolta intorno al “gambo” del discensore; l’attrito si genera per sfregamento di quest’ansa.
Ha i vantaggi di essere molto economico e facile da utilizzare; per contro, ha il difetto di torcere molto la corda.
Utilizzato come discensore è poco sicuro, in quanto non autobloccante, a meno che non sia utilizzato insieme ad altri sistemi di sicurezza, come ad esempio un prusik.
Schema di funzionamento di un discensore a pulegge fisse
Discensore a pulegge fisse
Il discensore a pulegge fisse è utilizzato principalmente in speleologia. Nella sua forma più comune (prodotti commerciali Kong e Petzl) permette la discesa su corda singola. È costituito da due pulegge fisse imbullonate su una piastra metallica; una seconda piastra metallica mobile è imperniata sull’asse della puleggia fissa più interna, ed è dotata di un clicchetto che ne permette l’aggancio ad un moschettone[1]. Grazie a questo meccanismo non è necessario togliere il discensore dall’imbragatura per togliere e mettere la corda. Questa viene fatta passare nel discensore con un percorso a “S”; l’attrito si genera sulle due pulegge. È difficilmente utilizzabile per assicurazione.
Discensore autobloccante
È una variante del discensore a pulegge fisse, al quale viene aggiunta una leva mobile che in posizione di riposo strozza la corda, bloccando la discesa. La velocità di discesa viene regolata variando la pressione sulla leva. È utilizzato in speleologia, e non è adatto per assicurazione.
Discensore a barrette
Il discensore a barrette deriva dalla catena di moschettoni, dalla quale riprende il principio di funzionamento. Si tratta di una struttura metallica ad “U” sulla quale sono fissate 4 o 5 barrette metalliche, alcune delle quali possono essere sbloccate ad un estremo per far passare la corda, che viene così forzata ad un percorso “avanti/indietro” tra le barrette. Utilizzato principalmente in speleologia, è poco adatto per assicurazione.
Precauzioni
I discensori sono fatti di metallo, quindi l’attrito che questi hanno dallo scorrimento della corda può far aumentare la temperatura, anche di molti gradi se la discesa è stata eseguita a grande velocità e per una lunga distanza. Per questo motivo è raccomandato, oltre a calarsi lentamente (laddove non sia strettamente necessario arrivare a terra nel più breve tempo possibile), di togliere velocemente il discensore dal contatto con la corda, per evitare che il calore sviluppato dall’attrito rovini il rivestimento della corda, riducendo quest’ultima a sfibrarsi lentamente e con il passare del tempo e delle calate. Una volta tolto il discensore si possono togliere con calma anche gli altri componenti.
BLOCCANTI
In passato, alpinisti e speleologi utilizzavano, per assicurarsi alle corde, dei nodi autobloccanti: si trattava di cordini avvolti intorno alla corda con appositi accorgimenti, in modo che potessero scorrere liberamente quando scarichi, ma “strozzassero” la corda, bloccandocisi sopra, quando sottoposti ad un carico, come ad esempio il nodo prusik ed il nodo machard.
Nel 1958 la Ditta svizzera Jumar mise sul mercato il primo dispositivo autobloccante. Questo bloccante ebbe un tale successo che il termine jumar è spesso utilizzato come sinonimo di bloccante
Successivamente, altre ditte misero sul mercato bloccanti basati sullo stesso principio, e con gusci di forma e dimensione diversa a seconda delle necessità di utilizzo; tra le ditte che producono oggi questo tipo di bloccanti, oltre alla stessa Jumar, ricordiamo Petzl e Kong.
Funzionamento
Il bloccante è costituito da una struttura metallica con un eccentrico imperniato ad un’estremità. Si sposta l’eccentrico dalla sua sede, si posiziona la corda tra l’eccentrico ed il guscio della struttura, e si rimette l’eccentrico al suo posto. L’eccentrico è conformato in modo da lasciar scorrere la corda quando il bloccante si muove in un senso, ed a bloccarla quando si muove nell’altro. Per evitare lo scivolamento della corda sull’eccentrico, quest’ultimo è dotato di piccole sporgenze che aumentano l’attrito con la corda.
I bloccanti specifici per utilizzo speleologico hanno spesso delle scanalature sull’eccentrico per permettere di eliminare il fango che si accumula sulle corde.
Salvo rare eccezioni, i bloccanti sono studiati per lavorare su corda singola.
Utilizzi
Alpinismo ed arrampicata
I bloccanti in alpinismo vengono utilizzati per aiutare la progressione su corde fisse, oppure per permettere la risalita su corda o al secondo di cordata, o all’arrampicatore che sia sceso dall’alto per ispezionare una parete. Si utilizzano di solito dei bloccanti tipo “maniglia”, singoli per assistenza su risalita su pendio, a coppie per risalita su sola corda.
Vi sono bloccanti studiati per poter essere utilizzati in sostituzione dei nodi autobloccanti quando si effettua una discesa in corda doppia; ne è un esempio il modello Shunt della Petzl, utilizzabile appunto su corda doppia.
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